San Francesco 2.0
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.*Potrei citarvi a memoria tutte quelle stronzate da catechismo che m'hanno inculcato quando c'avevo sei anni. Ma dico io, ve pare normale? Un pidocchio da un metro e un cazzo che nun sa manco da che parte sta girato, deve sape' tutti e dieci i comandamenti di un Dio che poi tanto potente nun pò esse' se nun c'ha manco un cartone animato tutto suo in tv. Secondo me i pischelli dovrebbero solo giocare a pallone. A me mi ricordo che mi piaceva da morire, scendevo giù dal palazzo dopo pranzo e restavo a giocare coi vicini fino a sera quando tornavo a casa co' le ginocchia sbucciate e la maglia der Capitano tutta impolverata. Ah!, allora sì che me la tagliavo, mica al sabato in oratorio a ripetere la storia della prima bottanazza dell'universo. Poi per forza che ce sta... come se chiama? La misoggenia. C'hai sette anni e un prete te dice che prima l'omo era felice, ma poi è arrivata na donna che con la sua mania della dieta e della frutta ha mandato a fanculo tutto l'Eden. E tu ce credi, perché, insomma, quel prete pur de nun avecce niente a che fa con le donne se ne sta tutto il giorno a fa la messa. Torni a scuola il lunedì e ce sta Teresa al primo banco, bionda e bella come al solito, eh, ma te ricorda troppo Eva e finisci per fare celo-manca co' le figurine Panini in fondo alla classe, ché i calciatori non hanno mai condannato alla dannazione eterna nessuno. Cazzo, me ricordo ancora come stavo quando ho finito l'album: c'avevo messo i secoli, ma poi stava tutto riempito da cartine coi giocatori e allora ba, una gioia, regà, una gioia che nun se pò capì. Ma te l'hai mai finito un album de figurine? So' stato così felice poche altre volte... Poi, per carità, diventi grande e impari ad apprezzà le piccole cose. Sai cosa me piace a me? La libertà. Me piace sapé che oggi sto qua, ma domani forse no, me piace calpestà l'erba der prato anche se nun se pò, me piace avere una casa nuova ogni giorno e una pisqua nuova ogni notte. È per questo che vivo sulla strada, che te credi, che me c'ha mandato mia moglie? Ahahah, ma quale moglie, che la prima volta che n'omo s'è fidato de 'na donna t'ho detto com'è finita! Io me fido solo delle troie, che almeno quelle sono oneste e te lo dicono che son bottane. Nono, io vivo sulla strada perché me piace essere libero, ma Libbero proprio, co' la elle grande e la bi doppia, me piace svegliamme con l'alba, bere alla fontana, cantà per la gente, farme offrì il pranzo, andare in campagna a piedi, rubare n'ovo a un contadino, berce un vinello insieme, osservare il tramonto e dormì tra le braccia de la moglie sua. Sta sigaretta? Me l'ha data stamattina un povero cristiano che suonava la chitarra sul mio stesso marciapiede perché l'ho ascoltato e applaudito per du'ore, così me so' fatto concerto e bottino.
Sai che penso? Che se so ancora vivo nonostante tutte le schifezze che faccio, o Dio non esiste o è un delinquente come me.
*Caro lettore, benvenuto nella canonica postilla che troverai in ogni episodio di "INCANTO". L'incipit di oggi, l'avrai probabilmente riconosciuto, ce lo offre Umberto Eco ne "Il nome della Rosa". Ho voluto provare uno stile un po' diverso dal mio solito, è uscita una cosa decente? Come al solito, le critiche sono apprezzate. Spero di non aver offeso nessuno con questo racconto, inutile dire che non rispecchia le mie opinioni, ma, di nuovo, ho voluto provare qualcosa di diverso. Fammi sapere che ne pensi!