C'era una volta l'amore
Come ogni anno, l'ultimo dell'anno sono passato a prendere Madrina per accompagnarla dalla mamma. Madrina è un legno antico ben conservato. *Ci siamo conosciuti quando io ero solo un bambino: 31 dicembre, pomeriggio gelido, stavo giocando a calcio coi miei amici quando il pallone è finito sul ramo di una quercia altissima. Nessuno aveva il coraggio di arrampicarsi fin lassù, così l'onore toccò a me, il più piccolo della compagnia. Tremavo come una foglia ed ero pallido come una nuvola. Caddi, ça va san dire. Quando mi risvegliai ero in ospedale, attorniato dalla mia famiglia, dei miei amici neppure l'ombra, erano scappati subito dopo aver fatto una telefonata anonima al 118. "Ti abbiamo trovato disteso per terra, svenuto, ma senza nulla di rotto, solo qualche livido, le foglie secche della quercia hanno fatto da materassino, sei stato molto fortunato" mi disse il dottore "Ah, ed eri abbracciato a questo, se vuoi te lo lascio come ricordo di questa brutta esperienza". A questo punto della storia, incontro Madrina. L'ho chiamata così quel giorno in ospedale, ero convinto che fosse stata lei a salvarmi e non quel mucchio di foglie morte come insisteva il dottore: che ne sanno i medici d'altronde, così impegnati a dare una spiegazione logica a tutto da dimenticare la forza della magia. Sì, credevo e credo nella magia, infatti, appena tornato a casa, intagliai Madrina e ne feci una bacchetta magica. Devo ammettere che per essere stato il mio primo tentativo di intaglio, sono stato piuttosto bravo. Dopo averle dato una forma conoidale e averla dotata di un pomello sferico, ho chiesto a mio padre di comprarmi della vernice per il legno e l'ho dipinta di verde. Inizialmente la usavo come un giocattolo, dopo l'incidente del pallone la mia compagnia era scomparsa dalla circolazione ed io ero rimasto piuttosto solo, così giocavo con Madrina: insieme debellavamo pirati, aprivamo portali e costruivamo castelli incantati. Ogni 31 dicembre tornavamo alla quercia e lasciavo un po' sole madre e figlia. Man mano che il tempo passava, giocavo sempre meno con Madrina, ma quell'anniversario non ce lo perdevamo mai.
Ieri però qualcosa è cambiato. Come vi dicevo, sono passato a prendere Madrina in motorino per accompagnarla dalla mamma. La sera prima avevo dormito da un amico con il resto delle mia (nuova) compagnia e la mattina appena sveglio mi sono vestito per andare alla quercia. Ero abbastanza eccitato, la sera prima ci eravamo divertiti un sacco e quello era un giorno speciale, il decimo anniversario del mio incontro con Madrina. Andava tutto troppo bene. Pensavo che i miei amici stessero ancora dormendo, non volevo disturbarli, era mia intenzione andare a casa in moto, prendere la bacchetta, andare alla quercia e nel giro di due ore essere di nuovo tra loro per il secondo round. Ma Simone era sveglio: "Max, dove stai andando?". Non gliel'avessi mai detto. Ha scatenato un putiferio, ha svegliato gli altri e insieme hanno deciso che dovevo scegliere tra loro e Madrina: "Lo facciamo per te, Max, c'hai 17 anni, non puoi credere seriamente che un pezzo di legno sia magico. Mo scegli, o resti qua e fai la persona sana, o vai da cosa, lì, Fatina e non torni stasera". Se prima potevo essere indeciso, a "cosa lì, Fatina" non avevo più dubbi. Loro sono proprio come i miei ex compagni delle elementari, amici amici, ma quando ho bisogno del sostegno di qualcuno, scappano tutti. Non ho bisogno di gente così nella mia vita, ho Madrina, lei mi ha salvato la vita e mi è stata vicina sempre negli ultimi dieci anni. Così, senza ulteriori indugi, sono tornato a casa mia, ho preso Madrina e siamo andati alla quercia. Una volta seduti, ho iniziato a riflettere ad alta voce. Lo faccio spesso con Madrina e sua madre, parlo un po' di com'è andato l'anno prima di lasciarle sole un'oretta. "Sono passati 10 anni e ancora non è cambiato nulla, i soliti amici di merda pronti a scappare quando il gioco si fa duro. Dieci anni fa ero un bambino di 7 anni pronto ad ammazzarsi su una quercia alta quattro metri pur di farsi accettare dagli altri, ma oggi chi sono? Sono un ragazzo che pur di non commettere di nuovo lo stesso errore ha perso tutto. Io tengo a voi e vi sono grato per questi anni passati insieme, ma se avessero ragione loro? Se fossi solo un pazzo che parla con un legno antico ben conservato? Forse non è un caso se tutto questo macello è successo proprio oggi, dieci anni dopo, forse è un segno, il segnale che è ora di andare avanti". Vi giuro, vi giuro sulla testa di mia madre che a quel punto Madrina si è mossa. Non era mai successo in dieci anni, ma ieri è accaduto, la mia bacchetta mi ha risposto, è stato il momento più assurdo, inquietante e meraviglioso della mia vita. Probabilmente il Dottor Mucchio di Foglie a questo punto direbbe: "È inverno, Massimo, sarà stato un colpo di vento", ma vi assicuro che non c'era nulla di naturale in quel movimento. Avevo puntato Madrina verso la quercia come sempre e improvvisamente si è voltata di 180 gradi puntando alle mie spalle. Dopo qualche secondo di paralisi per via dello stupore, ancora con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, mi sono voltato. Dieci anni prima avrei visto i miei compagni giocare a pallone nel campetto improvvisato alla bell'e meglio in mezzo alla campagna, ma ieri no. Ieri c'era lei. Era bellissima. Doveva essersi persa, non era vestita per una passeggiata laggiù, aveva un abito azzurro lungo fino ai piedi di flanella e un corto pellicciotto bianco. Camminava instabile su dei piccoli tacchetti bianchi e si guardava attorno sperduta. Lunghi capelli castani le incorniciavano il viso e poi... Poi mi ha guardato. Oddio, guardato è una parola grande, però il suo sguardo ha incrociato il mio mentre si voltava da una parte all'altra e mi ha sorriso: aveva il viso più dolce che io abbia mai visto in vita mia, occhi verdi, guance rosse e labbra sottili. A questo punto è avvenuta la seconda magia: un forte colpo di vento proveniente dalla quercia ha fatto alzare me e cadere all'indietro lei. Madrina lo stava facendo di nuovo, mi stava di nuovo salvando la vita, come dieci anni prima, questa volta conducendomi verso di lei. Mi sono precipitato ad aiutarla, ma stava bene ovviamente, Madrina non l'avrebbe mai ferita.
"Io sono Max"
"Ginevra, ma preferisco Genny"
"Che ci fai qui?"
"Non posso?" ha risposto impaurita, come temesse di dar fastidio a qualcuno
"Tranquilla, solo mi sembri mezza persa"
"Sì, ero ad un matrimonio in una chiesa qua vicino, mi annoiavo e... e nulla, eccomi qui"
"La prima chiesa è ad un chilometro tipo" ho riso "Come hai fatto a perderti così?"
Mi ha risposto imbarazzata che si era messa ad inseguire un leprotto "Lo so, è stupido, ma sembrava troppo il Bianconiglio di Alice e non volevo perdere l'occasione, anche se impossibile, di trovare il Paese delle Meraviglie..."
Una ragazzina in abito azzurro insegue un coniglio bianco in mezzo alla campagna: ancora non credete alla magia? Per me è così palese che sia stato tutto merito di Madrina, lei voleva che Genny fosse lì in quel preciso momento, voleva che ci conoscessimo. Dopo avermi raccontato della sua disavventura, Ginevra si sentiva terribilmente imbarazzata e stupida, così le ho raccontato la mia storia, quella vi ho appena descritto. Non so se l'ho fatto per farla sentire più a suo agio o per metterla alla prova, la sua reazione avrebbe deciso la mia opinione sul suo conto; ad ogni modo, per la prima volta in dieci anni, qualcuno mi stava ascoltando pieno di interesse e stupore e soprattutto stava credendo ad ogni parola che proferivo. "Ma è incredibile! Forse hai ragione, siamo davvero destinati ad essere amici! Dov'è Madrina adesso?". Ho perso il conto dei miracoli accaduti quel giorno, ma se voi lo tenete ancora, aggiungete questo alla lista: siamo tornati alla quercia e la mia bacchetta non c'era più. Certo, Dottor Mucchio di Foglie, quella raffica di vento potrebbe averla spostata, ma io e Genny abbiamo cercato dappertutto e di Madrina non c'era traccia. Tuttavia dietro sua mamma era sbocciato un fiore, un piccolo bucaneve che prima, ve lo assicuro, non c'era. Ho raccolto il bocciolo e l'ho regalato alla mia nuova amica, inizialmente non lo voleva accettare, diceva che dovevo tenerlo io, ma alla fine sono riuscito a convincerla. L'ho riaccompagnata alla chiesa, ci siamo scambiati i numeri di telefono e al momento ci scriviamo, non vediamo l'ora di rivederci... io non vedo l'ora di rivederla. Tutta questa storia potrà sembrarvi assurda, ma a me ha insegnato chi sono. Sono un Peter Pan esiliato dall'Isola che non c'è in una nuova Neverland che nessuno a parte me riesce a vedere. Sono una Cassandra che ha visioni tanto incredibili quanto reali. Sono un Merlino che tutti prendono per pazzo, persino Artù. Ma più di qualsiasi altra cosa, sono un bambino che ha bisogno della magia per essere salvato mentre cade da una quercia secolare. Ho un solo buon proposito per il nuovo anno: capire che non mi servono bacchette né altri oggetti magici, non c'è magia più grande di quella dell'amore.
*Già, hai capito bene, una nuova serie di post. Qualche mese fa ho comprato un gioco di carte chiamato "Incanto": su ogni carta sono scritti due incipit di libri famosi, il gioco consiste nell'indovinare a quale libro appartengono. La citazione qui riportata non è altro che l'inizio di "Fai bei sogni" di Massimo Gramellini, l'incipit che ho pescato dal mazzo stamattina. Non ho mai avuto occasione di leggere il libro e solo a racconto concluso ne leggo la trama su Wikipedia: "L'autore racconta il proprio percorso interiore per superare il dolore e il senso di abbandono dovuto alla morte della madre sopraggiunta quando lui aveva nove anni". Il libro ha avuto molto successo e sicuramente questo mio elaborato stupra la storia, mi scuso con te, caro lettore, se diversamente da me hai letto l'intreccio originale e questo mio post ti suona come una bestemmia, ma proprio tu mi saresti immensamente utile con un commento, una critica. Fammi sapere cosa ne pensi di "C'era una volta l'amore".
Buon lunedì!