venerdì 18 febbraio 2022

Promuovere migliori atteggiamenti nei confronti dell'omosessualità in adolescenza: un approccio evolutivo

 18.02.2022

Caro lettore, ti illustro la situazione: mi sto per laureare, tanti auguri a me. Il titolo della mia tesi magistrale è "Promuovere atteggiamenti positivi nei confronti dell'omosessualità in adolescenza", fa schifo, lo so, ma al mio dottorando piaceva. Per avere una piccola rivincita, il titolo di questo post sarà quello che avrei voluto veramente dare al mio lavoro. Ma andiamo al dunque: non so cosa scrivere nelle conclusioni, panico. Per farmi venire in mente qualcosa, scrivo a te: a seguire trovi l'introduzione della mia tesi (un pochino riadattata per l'occasione); la mia speranza è che, a partire da quella, io capisca come chiudere tutto il discorso, ma chi può dirlo, lo scoprirai insieme a me. Nel frattempo buona lettura! 

Ho avuto modo di partecipare ad una conferenza in cui si discuteva del funzionamento delle comunità per adolescenti. Erano presenti vari professionisti della salute mentale e molti di loro continuavano a riferirsi ai ragazzi ospitati col termine “difficili”: “è tipico degli adolescenti difficili”, “quando si ha a che fare con adolescenti difficili”, “bisogna agire così nel caso di ragazzi difficili come lui”. Ho avuto l’impressione che troppo spesso, col passare degli anni, ci dimentichiamo delle sfide che abbiamo fronteggiato, degli ostacoli che abbiamo incontrato, delle difficoltà in cui siamo incappati da adolescenti. La teenage è una fase del ciclo di vita a dir poco impervia da cui ognuno di noi esce diversamente a seconda delle sfide che incontra e degli strumenti che ha a disposizione. Arrivare vivi in un modo o nell’altro all’età adulta è già un piccolo successo che credo andrebbe celebrato dai professionisti della salute mentale e non svalutato perché non è stato fatto nel modo più socialmente accettabile. Non esistono a mio parere allora “ragazzi difficili”, ma percorsi difficili che gli adolescenti affrontano in modo più o meno funzionale. Iniziare a leggere in quest’ottica l’adolescenza e la psicopatologia porta il professionista sanitario a spostare la sua attenzione dal mero sintomo ai compiti evolutivi che il soggetto deve affrontare e al sistema in cui è immerso, così da facilitare la realizzazione dei primi migliorando il secondo e quindi occupandosi anche del sintomo da una diversa prospettiva. 
È a mio parere non solo possibile, ma molto utile avvalersi di quest’ottica evolutiva anche osservando una popolazione non psicopatologica. Infatti, conoscere le caratteristiche di una specifica fase del ciclo di vita ci permette non solo di comprendere più approfonditamente i sintomi nei soggetti a sviluppo atipico, ma anche di agire con maggior cognizione di causa negli interventi di prevenzione e di miglioramento del benessere nei soggetti a sviluppo tipico. Una delle possibili aree di intervento in questo senso riguarda la promozione di atteggiamenti positivi nei confronti dell’omosessualità: per quanto la comunità scientifica abbia da tempo classificato l’omosessualità tra le normali varianti dell’orientamento sessuale, ancora oggi essere gay o lesbiche può essere motivo di discriminazione e aggressioni. Lo stigma, il pregiudizio e la discriminazione creano un ambiente sociale sfavorevole per le persone omosessuali, che genera quindi uno stato di malessere legato all’appartenere ad una minoranza chiamato minority stress che può portare a disturbi mentali: le ricerche dimostrano infatti una maggior prevalenza di psicopatologie come l’abuso di sostanze, disturbi dell’umore e tentativi di suicidio nelle persone omosessuali. Agire preventivamente in una fase come quella dell’adolescenza in cui i valori personali sono in costruzione, così da crescere adulti tolleranti e consapevoli da un lato ed evitare derive psicopatologiche dall’altro, dovrebbe essere un imperativo dei professionisti della salute.
 
Un modo per farlo è lavorare sulle rappresentazioni dell'omosessualità di ragazzi e ragazze con l'obiettivo di migliorarle. È stato dimostrato che integrare un'attività di role playing, un intervento educativo sulle tematiche LGBT e un'esperienza di contatto interpersonale con persone omosessuali permette di abbassare i livelli di omonegatività dei fruitori del trattamento. Questo dato apre a molteplici opportunità di ricerca. Anzitutto, il presente studio si è per l'appunto focalizzato sull'omosessualità e i matrimoni dello stesso sesso, ma sarebbe interessante studiare anche gli atteggiamenti nei confronti delle altre variazioni dell'orientamento sessuale, su cui, ad oggi, c'è grandissima ignoranza. Anche il tema dell'identità di genere potrebbe essere approfondito, sia come predittore dei livelli dell'omonegatività, analizzando per esempio i valori della popolazione non-binary, sia rispetto agli atteggiamenti degli adolescenti nei confronti delle persone transgender, un'altra categoria oggi molto chiacchierata, ma poco conosciuta e accettata. Riuscire a proporre tutto ciò nelle classi e non solo ad alcuni studenti interessati sarebbe particolarmente interessante, poiché aumenterebbero le probabilità di proporre l'intervento a soggetti effettivamente omonegativi e fare quindi la differenza. Questa, tuttavia, potrebbe essere una sfida per il professionista: anche nel presente studio sono state incontrate delle resistenze da parte di alcune realtà scolastiche all'idea di far entrare la tematica in analisi nelle classi. Tuttavia, questo è il riflesso della stessa società eterosessista ed eteronormativa che rende questo tipo di interventi non solo interessanti, ma necessari. Come scrive infatti Masoni (2011) nel dodecalogo delle implicazioni del lavoro dello psicologo scolastico: "Si chiama psicologia, ma è un'attività politica" (p. 81). Il lavoro con gli studenti carica dunque il professionista di una doppia responsabilità: di occuparsi del benessere degli adolescenti, provati dai compiti evolutivi che devono fronteggiare, e lavorare per una società del domani che sia migliore. Questo è certamente un onere, ma anche un grande onore.

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